Lo stocco alla ghiotta, è una delle eccellenze gastronomiche del sud dell'Italia.
Lo stoccafisso, cioè il merluzzo nordico o merluzzo bianco (Gadus morhua), è un merluzzo essiccato, che assume anche il nome di baccalà se conservato sotto sale.
La precisa origine del nome è controversa: secondo alcuni deriverebbe dal norvegese stokkfisk oppure dall'olandese antico stocvisch, ovvero "pesce a bastone", secondo altri dall'inglese stockfish, ovvero "pesce da stoccaggio" (scorta, approvvigionamento); altri ancora sostengono che pure il termine inglese sia mutuato dall'olandese antico, con lo stesso significato di "pesce bastone".
Foto: Wikipedia
Lo stoccafisso, pur giungendo dalla lontana Norvegia, ha trovato in Calabria le condizioni ideali per "sposarsi" con le patate dell'altipiano dell'Aspromonte, le cipolle rosse di Tropea e l'olio extravergine di oliva della varietà Ottobratica, premiata quest'anno dal Gambero Rosso quale miglior monocultivar d'Italia.
In definitiva, un riassunto delle tante eccellenze che l'estremo lembo sud della terra di Calabria offre ai propri estimatori.
Il Pescestocco, veniva importato in Italia (Genova, Venezia e Napoli) dai paesi Nordici, già nell'anno 1561 e la Calabria ne faceva riferimento al porto di Napoli (allora capitale del Regno delle due Sicilie), dal quale con piccole imbarcazione i battelli raggiungevano il porto di Pizzo e a dorso di mulo, le balle di stocco arrivavano in tutta la piana di Palmi.
La tradizione, ormai radicata in tutta la provincia di Reggio Calabria, vuole che - quasi da precetto - le famiglie consumino lo stocco il venerdì Santo e la Vigilia di Natale.
Ma il segreto di una buona preparazione, sembrerà strano, è tutto nell'acqua!
In special modo l'acqua pura ed oligominerale che sorga dall'appennino aspromontano, ricca di ricca di sostanze particolari quali calcio, ferro e magnesio, che "spugnandolo" ridà vigore e corpo al pesce precedentemente essiccato. Il gusto particolare dello stocco calabrese è quindi dato dalla perfetta maturazione dello stocco, in ammollo con l'acqua pura calabrese, che ne esalta il gusto inimitabile.
La lavorazione è esclusivamente artigianale e suddivisa in varie fasi. Inizialmente il merluzzo essiccato viene immerso in acqua corrente in una prima vasca, Il giorno successivo viene parzialmente sfilettato e l'apertura del pesce viene completata nel terzo giorno, quando viene aperto completamente. Il quarto giorno sono estratte la lisca e le ventresche. Il quinto giorno si rimuove il velo, ed il giorno successivo, completamente spugnato, è pronto per essere venduto.
La ricetta:
Ingredienti.
1 kg di stoccafisso già ammollato
1 kg di patate dell'altopiano Silano
1 kg di pomodori maturi
1 grossa cipolla rossa di Tropea
100 g di sedano
100 g di olive Carolea denocciolate
50 g di capperi
1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva di varietà Ottobratica
sale e pepe q.b..
Procedimento.
Spezzettate i pomodori, metteteli in un tegame e lasciate evaporare la loro acqua di vegetazione. Poi passateli al setaccio raccogliendo il sugo in una ciotola. Versate il mezzo bicchiere d’olio extravergine di oliva in un tegame possibilmente di coccio, fate scaldare, insaporitevi la cipolla tritata e quando è diventata trasparente aggiungete il sedano tagliuzzato finemente e la passata di pomodoro. Portate a bollore, unite i capperi, le olive, lo stocco tagliato a grandi pezzi, le patate a spicchi, il peperoncino, aggiungete il sale e lasciate cuocere per circa 40-50 minuti. Lasciate riposare il piatto alcuni minuti, e infine servite.
Fonte: Wikipedia e Il Cucchiaio d'Argento Cucina Regionale modif.
Foto: "Mammola - Stocco alla mammolese" di Original uploader was Jacopo at it.wikipedia - Transferred from it.wikipedia. Con licenza CC BY-SA 2.0 tramite Wikimedia Commons - https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Mammola_-_Stocco_alla_mammolese.jpg#/media/File:Mammola_-_Stocco_alla_mammolese.jpg
Alcuni ritengono erroneamente che la palamita sia un parente povero del tonno. In realtà essa ha carni rosee e compatte, dal sapore forte e generoso, con una lieve punta di acidità, che ben si
prestano a svariate preparazioni. Le trance sono ottime grigliate e condite con erbe fini, oppure infarinate e fritte; diversamente possono essere messe in carpione o cotte in umido. Il modo
migliore per gustarle è, però, sott’olio.
Oggi presentiamo una ricetta tutta primaverile: palamita e piselli.
Ingredienti per 4 persone.
1 palamita di circa un chilo e mezzo
1 kg di piselli
½ kg di pomodori da salsa maturi
2 cipollotti freschi
2 spicchi d’aglio fresco
un ciuffo di prezzemolo
un peperoncino piccante
200 g di Olio Extravergine di Oliva cv Cassanese
½ bicchiere di vino bianco
sale q.b.
Tempo di preparazione e cottura: quaranta minuti, più l’ammollo della palamita
Procedimento.
Sfilettate la palamita ricavandone quattro pezzi ed immergeteli per circa 45 minuti in un contenitore con acqua e ghiaccio (finché diventeranno bianchi).
In un tegame a bordo alto con mezzo aggiungete un bicchiere di olio extravergine di oliva della varietà Cassanese, fate rosolare a fuoco moderato i cipollotti tagliati a rondelline fini, unite la palamita ben asciugata, sfumare col vino bianco e far cuocerete per circa otto minuti rigirandola una sola volta. Aggiungete i pomodori tagliati a cubetti e, poco dopo, il peperoncino a pezzetti e un trito di prezzemolo e aglio passati al coltello. Aggiustate di sale e, trascorsi circa 10 minuti, versate i piselli sgranati.
Il tutto va lasciato cuocere lentamente, unendo un pò di acqua calda se la preparazione tende ad asciugarsi troppo. Il punto ottimale di cottura sarà raggiunto non appena i piselli si presenteranno cotti ma turgidi e il sughetto avrà assunto una consistenza cremosa.
La ricetta per la pasta con il ragù di pesce spada e melanzane si annovera alla grande famiglia della cucina calabrese e siciliana anche se l’antica origine sembra essere esclusivamente
calabrese.
È in ogni caso certo che in queste cucine, il pesce spada, è stato sempre molto gradito. Ciò risulterebbe dai resti ritrovati nelle necropoli puniche e greche dai quali si deduce che questo pesce, a quei tempi, era particolarmente apprezzato.
Rispetto ai classici modi di cucinare il pesce spada, questa è una ricetta recente; infatti, senza tema di smentita, si può affermare che il miglior spada è quello pescato nel tratto di mare che va da Palmi a Bagnara Calabra (Costa Viola), dove viene cucinato in mille modi. Non si dimentichi tuttavia che la stagione calda porta abbondanza di questo raffinato pesce nella parte meridionale d’Italia, pertanto anche in altri luoghi del sud Italia è possibile trovare squisitezze dove il pesce spada è l’ingrediente trionfante.
Il piatto proposto è caratterizzato dal particolare connubio fra melanzane e pesce spada.
Ingredienti per 6 persone
600 grammi di rigatoni
400 grammi fette di pesce spada
1 kg di pomodori per salsa, pelati
2 melanzane medie
3 spicchi d’aglio
Mezzo bicchiere di vino bianco secco
Olio Extravergine di Oliva fruttato medio (Consigliato Olio EVOO cv. Carolea)
Sale, pepe e peperoncino q.b.
Procedimento
Lavare la melanzana, asciugarla e tagliarla, nel senso della lunghezza, prima a fette dello spessore di circa mezzo centimetro e, poi, a dadini non troppo piccoli. Sistemare i dadini di melanzana in un grande ciotola e cospargerli di abbondante sale grosso. Dopo mezz’ora, strizzare le melanzane tra le mani, per eliminare più acqua possibile, ed asciugarle con la carta da cucina.
Friggere in olio extravergine i dadini di melanzana, da entrambi i lati e metterli a sgocciolare su carta assorbente da cucina.
A parte, in un tegame rosolare l’aglio con Olio EVO e, eventualmente, aggiungere il peperoncino. Unire il pesce spada privato della pelle e tagliato a dadini, sfumare con il vino bianco e lasciarlo evaporare.
Aggiungere i pelati, salare, pepare e lasciare cuocere per circa 15 minuti, aggiungere poi le melanzane e lasciare insaporire per una decina di minuti.
Nel frattempo lessare i rigatoni al dente in abbondante acqua salata, scolarli e metterli a mantecare con il condimento già pronto, aggiungere Olio Extravergine di Oliva e le melanzane fritte. Sistemare nel piatto di portata e servire.
ORIGINI STORICO-CULTURALI
Si tratta di una ricetta povera, ma sostanzialmente sana e dai sapori forti e decisi, tipica di Palmi (RC); si usa esclusivamente l’olio extravergine di oliva, principe di tutti i piatti calabresi, della varietà Ottobratica.
Infatti nell’area mediterranea, e quindi anche in Calabria, predominava fin dall’epoca greco-romana l’abitudine di utilizzare nella cucina tonno, acciughe e sardine.
La struncatura è uno dei tanti tipi di pasta calabrese fatta in casa, tradizione assai ricca e diffusa in tutta la regione.
Un tempo, le ragazze calabresi che volevano sposarsi dovevano saper fare tredici tipi di pasta. Fantasia e creatività nella pasta calabrese non mancano: cambiano i nomi ma sono tutte specialità fatte con farina di grano duro impastata solo con acqua, e destinate ad essere condite in vari modi.
La struncatura in particolare viene fatta con farina di grano saraceno, che le conferisce il caratteristico colore bruno.
DOSI PER 6 PERSONE.
Struncatura (pasta tipo bavette): g 600
Filetti di alici: g 40
Due spicchi di aglio
Olio extravergine di oliva cv Ottobratica
Peperoncino fresco: g 10
Olive nere denocciolate: g 100
Sale: g 10
Mescolare insieme:
mollica di pane raffermo (g 150), pecorino grattugiato (g 50) e prezzemolo tritato (g 10).
PROCEDIMENTO:
In una padella fare imbiondire l’aglio con l’olio extravergine di oliva, unire il peperoncino tritato, le acciughe e le olive. Nel frattempo cuocere la struncatura nell’acqua salata, unire un mestolo nella stessa acqua di cottura, sgocciolare la pasta al dente e mantecarla nel fondo precedentemente preparato unendo la mollica profumata. Servire in vassoio.
Fonte: ASSOCIAZIONE PROVINCIALE CUOCHI REGGINI modif.